Alla festa di Varesenews, “Anche io”, dal 29 al 31 agosto, il sabato sera è con i Vallanzaska (ingresso libero) . Il gruppo da molti definito il miglior gruppo ska italiano, ha visto crescere questo genere nel bel paese, con un passato di ben 23 anni all’attivo. La band ha rilasciato proprio quest’anno il suo settimo album: Thegenerazione, che mantiene quella vena di derivazione punk rock, ma con le atmosfere e gli arrangiamenti allegri tipici dello ska.
Tuttavia, la band non è mai uguale a sé stessa, ma sperimenta nuovi argomenti e chiavi di lettura, tra i più impegnati come “lettera”, dedicata alla shoah e mai dimenticandosi di far divertire e soprattutto ballare gli ascoltatori, con quella deriva folle e piena di giochi di parole tra l’inglese e l’italiano, che li contraddistingue, come per esempio in “cr(easy)”.
I Vallanzaska, nel corso della loro lunga carriera, si sono addentrati nel genere, sperimentandone le varie sfaccettature e arrivando a poter dire di suonare «lo ska alla vallanzaska». La band vi aspetta nella seconda serata, sabato 30 agosto, a partire dalle 21.30, ingresso gratuito (il concerto si terrà anche in caso di pioggia).
Abbiamo intervistato il cantante Davide Romagnoni, meglio conosciuto come “La Dava”.
Voi avete cominciato con le cover dei Madness e degli Specials, quindi prendete a piene mani dalla scena ska britannica, quali altri gruppi ska vi hanno ispirato? Com’era la scena ska in italia quando avete cominciato nel ’91?
«Come genere ska proprio questi gruppi e il resto della scena britannica. Qualcosa di più veniva forse dagli ex rancid: Operation Ivy. Per i testi ascoltavamo tanta musica milanese da Jannaci, a Cochi e Renato, mettendoci dentro le nostre idee surrealiste. Più che ska, la scena del ’91, era una scena dalla musica alternativa molto forte. Tanto è vero che alcuni locali proponevano serate con gruppi alternativi, dai Fratelli di soledad, ai Casino Royale agli Strike e facevano sempre il pienone. Noi siamo della generazione dopo, ma andare a molti dei concerti di questi gruppi ci ha formati in un certo senso».
All’interno della formazione attuale siete sempre stati tutti amanti sfrenati dello ska o ci sono anche diverse correnti? Band di altri generi a cui siete particolarmente affezionati (ad esempio cover smell like teen spirits in iporn)?
«Noi proponiamo il genere ska, certo, ma credo che oramai si può dire che abbiamo creato un nuovo genere che si chiama “ska alla vallanzaska”. Anche nello stile, non siamo proprio puristi del genere, ci vestiamo come ci pare e ascoltiamo di tutto. Anzi metà dei Vallanzaska è composto da jazzisti. Le cover sono semplicemente delle cose che ci piace affrontare ogni tanto».
A proposito di cover, avete un po’ l’abitudine di inserirne almeno una in ogni lavoro rivisitata in chiave ska. Avete fatto Smell like teen spirits, Vasco e quest’anno Celentano, da cosa deriva questa scelta?
«Il discorso di fare le cover non nasce da un desiderio di farle perfette, meglio dell’originale, ma neanche in chiave ska. Quando facciamo una cover non ci limitiamo a metterla in levare, e quindi in chiave ska, facciamo proprio un arrangiamento completamente diverso che sconvolge l’originale. Per esempio una cover dei Nirvana, non la può fare nessuno, non avrebbe senso, ma ne acquista nel momento in cui la canzone è talmente stravolta da non ricordare l’originale, a parte il testo che lasciamo sempre intatto. “L’emozione non ha voce”, la canta Celentano, ma la musica l’ha scritta Gianni Bella e il testo Mogol. Qui la storia è un po’ diversa dalle altre cover, che rappresentano una sfida, un mettersi in gioco. “L’emozione non ha voce” è il pezzo che faccio da anni per provare la voce durante il sound check, poi col tempo si è deciso di registrarne un pezzo in stile (Vallanza)ska».
Quest’anno sono 23 anni che suonate, e nel vostro ska “piacione” c’è sempre stata un po’ di critica sociale. Il vostro ultimo album, però, risulta un po’ più impegnato, già a partire dal titolo “thegenerazione”, o da singoli come “cr(easy)”, “generazione di fenomeni”, con un ragazzo che si photoshoppa una falsa vita su facebook. Cosa ne pensate della nuova generazione?
«Diciamo, prima di tutto, che è semplicemente un gioco di parole. Poi c’è il messaggio. Generazione di fenomeni, generazione tutti anonimi, degenerazione. Non parliamo di una generazione in particolare, può essere quella dei nati negli anni ’90, ’80 o, come me, nei ’70. Credo che tutti abbiamo un amico che fa il fenomeno, ma la direzione che segue per arrivare a “sentirsi figo”, in realtà, è essere uguale a tutti gli altri. E brutto dare dei giudizi, non vogliamo farlo ma credo che questa tendenza ci sia e la canzone vuole fotografare una tendenza. Nel video, abbiamo usato l’immagine di quello che su facebook si crea una falsa vita, si fa i selfie coi personaggi famosi, ma è solo un’esagerazione per fare un un discorso più generale: è un po’ un “sisisi nonono” dieci anni dopo, insomma».
“Lettera” invece? Da dove viene l’idea di toccare certi temi?
«Quando l’ho proposta ai “Vallanza” mi hanno chiesto “ma come ti è venuto in mente di fare un pezzo sulla shoah?”. Il discorso è lo stesso delle cover: ho pensato che potesse essere una sfida, un esperimento, che esce un po’ da quella vena ironica dello ska. Importante è stato il videoclip: all’inizio si è pensato di fare un video con immagini di repertorio. Ma visto che ci si immagina di parlare di un sopravvissuto ai campi di concentramento, mi è venuto in mente di provare a girare il video a Milano con un ragazzo vestito da deportato. Tutto seguito da un regista. C’è chi non ha apprezzato, ma semplicemente le persone confondono la shoah avvenuta 50 anni fa con l’Israele di adesso. Primo Levi non era israeliano, ma è finito in un campo di concentramento. Nessuno di noi è Ebreo, ma io ho studiato storia, ho studiato a fondo questi eventi e ho voluto parlarne. Mentre il mondo alternativo faceva finta di non vedere questo video, i media più “mainstream” ci hanno pubblicizzato. Gli alternativi a volte sono anche un po’ di mente chiusa, per assurdo».
Torna anche Paperoga in “Hasta siempre Paperoga”. Da dove vi è venuta l’ossessione per questo personaggio e a che figura lo associate?
«Beh per noi Paperoga rappresenta il “loser”, la parte debole della società, ed è un personaggio molto simpatico, che anche da piccolo mi piaceva molto. Rappresenta un po’ il fricchettone di Walt Disney, lo sfortunato contrapposto all’infallibile Gastone. Per questo è un personaggio che salta sempre fuori nei pezzi».
Quali sono i vostri pezzi a cui siete più affezionati, che portate sempre ai vostri concerti? Un’anteprima sulla scaletta per Varesenews?
«Beh, ultimamente io sono molto affezionato a “lettera” perché regala dei momenti un po’ più seri di riflessione ai concerti dei Vallanzaska, dove in genere la gente si diverte. Poi va beh, a parte le “hit”, siamo molto contenti di queste canzoni sul nuovo album, ci stiamo molto divertendo a suonarle. Ora siamo tutti nel periodo d’innamoramento per il nuovo album. Al carroponte, a Milano, dove abbiamo suonato ad agostoabbiamo forse trovato la scaletta perfetta: un mix di circa 8 canzoni del nuovo disco più sedici tra le canzoni precedenti. Spesso portiamo anche ospiti illustri tra i nostri amici, una cosa che ci si può sempre aspettare ad un concerto dei Vallanzaska».